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Mousse radicchio e gamberetti

INGREDIENTI

 

100 gr Gamberetti sgusciati

200 gr Ricotta o Yogurt Greco

3 foglie di Radicchio Rosso

3 cucchiai di Panna da Cucina

Sale

Pepe

 

PROCEDIMENTO

Cuocere i gamberetti (si possono usare quelli surgelati) e metterli in una ciotola. Aggiungere il radicchio tritato fine, qualche goccia di aceto e mescolare tutto.

Unire la ricotta e mescolare, aggiungiamo sale e pepe e finché il composto non sarà uniforme e spumoso. Tenere in frigo fino al momento del suo utilizzo

 

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Caponata

 

CAPONATA

1Kg melanzane tonde viola

500 gr pomodori da sugo

40 gr di pinoli

1 cipolla rossa

20 gr olive verdi in salamoia

60 gr di aceto bianco

1 cuore di sedano

10 foglie di basilico

1 cucchiaino di eritritolo

due cucchiai di capperi sotto sale

olio extravergine di oliva

sale

PROCEDIMENTO

 

Tagliare a cubetti non troppo piccoli le melanzane, salare con tre grossi pizzichi di sale e mescolare con le mani; trasferire in uno scolapasta e far sgocciolare sopra una ciotola per 30-40’ in modo che fuoriesca l’acqua di vegetazione amarognola. Affettare finemente la cipolla e rosolare in una casseruola con 40 g di olio, a fuoco molto basso, per una decina di minuti. Mondare i pomodori, tagliarli a spicchi ed eliminare la parte interna più tenera con i semi che rilascerebbe acqua in cottura “bagnando” le melanzane. Tagliare a listarelle. Affettare il cuore di sedano, la parte interna più tenera e chiara, e tritarne anche le foglie. Ricavare la polpa delle olive con un coltellino affilato. Sciacquare bene i capperi sotto l’acqua. Mescolare i pomodori e il sedano nella casseruola con le cipolle e, dopo 5’, unire anche le olive tagliuzzate, i capperi e i pinoli. Strizzare leggermente le melanzane, poi trasferirle su carta da cucina e asciugare bene; friggerne un po’ alla volta in due dita di olio extravergine per 7-8’, finché non saranno dorate, quindi sgocciolarle con la schiumarola e trasferirle via via nella casseruola con gli altri ingredienti. Far cuocere tutto per 2-3’, poi aggiungere il basilico spezzettato, l’aceto, 1 cucchiaio di eritritolo e, se necessario, un pizzico di sale; alzare il fuoco per far evaporare l’aceto, infine spegnere e lasciare raffreddare la caponata per almeno 2 ore prima di servirla. L’ideale è prepararla il giorno prima.

 

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Spaghetti di zucchine allo scoglio

INGREDIENTI per 4 porzioni

600 g di spaghetti di zucchine

400 g di cozze

400 g di vongole

4 gamberoni

8 gamberetti

300 g di calamari

300 g di pomodorini pelati

2 spicchi d’aglio

Vino bianco secco qb

1 scalogno

1 carota piccola

Prezzemolo, sale, pepe

Olio extravergine di oliva

 

PROCEDIMENTO

Per preparare gli spaghetti allo scoglio, occorre controllare le vongole una a una eliminando quelle rotte. Mettetele in ammollo in acqua fredda per almeno 2 ore, cambiando l’acqua 2-3 volte e eliminando la sabbia. Sciacquatele e mettetele in una casseruola insieme a un filo d’acqua un goccio di vino. Spazzolate le cozze con una paglietta, eliminate il bisso e sciacquate nuovamente. Trasferitele in una seconda pentola. Coprite e fatele aprire a fiamma alta seguendo lo stesso procedimento.

Eviscerate e spellate i calamari. Lavateli accuratamente e tagliateli ad anelli. Aggiungeteli all’interno di una padella in cui avrete fatto appassire lo scalogno e la carota tritati insieme all’olio extravergine di oliva e all’aglio. Dopo 4-5 minuti sfumate con il vino bianco e fate evaporare.

Pulite i gamberi e i gamberetti facendo un’incisione sulla schiena e eliminando l’intestino con uno stecchino. Fate insaporire in una casseruola l’olio con 1 spicchio d’aglio, adagiatevi i gamberi e i gamberetti. Fateli cuocere per pochi minuti togliendo per primi i gamberetti che avranno un tempo di cottura inferiore. Tenete da parte. Nella stessa casseruola adagiate i pomodorini pelati tagliati e scolati dal loro succo. Fateli insaporire aggiungendo di tanto in tanto un po’ di acqua di cottura dei molluschi. Unite le vongole, le cozze, i gamberoni e i gamberetti e mescolate per qualche minuto. Aggiustate di sale e pepe.

Nel frattempo avrete scottato per 2 minuti gli spaghetti di zucchina (da fare con l’apposito attrezzo) in acqua bollente salata. Scolateli, trasferiteli nella casseruola con il sugo e terminate la cottura aggiungendo altro liquido di cottura dei molluschi. Mescolate, aggiungete il prezzemolo tritato e spegnete. Trasferite gli spaghetti allo scoglio nei piatti da portata e servite.

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MILLEFOGLIE MELANZANA, PROVOLA E SALSICCIA

Ingredienti:

Melanzane 2 medie

Salsiccia di prosciutto 350 gr

Provola 300 gr

Pomodorini 500 gr

Origano q.b.

Aglio 2 spicchi

Rucola 1 mazzetto

Peperoncino q.b.

Sale q.b.

Pepe q.b.

Olio Di Semi Di Arachide q.b.

Olio Extravergine D’oliva q.b.

Grana q.b.

 

Procedimento:

 

Lavare e tagliare a fette non troppo spesse le melanzane, poi metterle da parte in modo che perdano tutta la loro acqua, con il sale e un peso in modo da far perdere tutta l’acqua (almeno 2 ore).

Friggere le melanzane in una padella con abbondante olio di semi, poi scolarle su carta assorbente.

In una padella con un filo di olio far soffriggere l’aglio e il peperoncino, dopo qualche minuto versare la passata di pomodoro e condirla con sale pepe origano rucola tritata, aggiungere la salsiccia e far cuocere il tutto a fuoco lento per almeno 40 minuti.

In una pirofila rettangolare spargere sul fondo un po’ di sugo al pomodoro, poi sovrapporre una fetta di melanzana, una fetta di provola, del sugo di salsiccia e del grana. Continuare a fare questo multistrato fino ad esaurimento ingredienti ed infornare infine la millefoglie di melanzana a 180° per circa 40 minuti con una abbondante spolverata di parmigiano.

     

 

 

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Salsa al tonno

Ingredienti:

 

 

polpa (interno) di 2 zucchine medie

135 gr di filetti di tonno all’olio di oliva

2 alici

2 prese di sale

pepe a gradimento

1 cucchiaino di senape

 

Procedimento

 

frullare tutti gli ingredienti. Conservare in frigorifero. si  può utilizzare per tartine o come salsa di accompagnamento.

 

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Panino soffice

Ingredienti per 1 panino:

15 gr farina di semi di lino, sesamo e chia

3 gr di bicarbonato

3 gr di sale

100 gr di ricotta di pecora

1 cucchiaino di semi di sesamo

Procedimento

 

unire gli ingredienti secchi,  successivamente unire la ricotta e lavorare l’impasto formando una pallina, aggiungere i semi di sesamo.

cuocere in forno pre riscaldato statico a 180° per circa 30 minuti.

 

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TORTA ALLE NOCI

Ingredienti per 10 porzioni

  • 200 g di noci sgusciate
  • 3 uova intere
  • 70 g di olio extravergine di oliva
  • 30 gr di eritritolo
  • 1 pizzico di sale
  • 1 tazzina di caffè della moka

Procedimento

Tritate le noci sgusciate con un mixer da cucina o un macinino fino ad ottenere una farina. Separate i tuorli delle 3 uova dagli albumi e poneteli in 2 ciotole separate.

Aggiungete un pizzico di sale agli albumi e montateli a neve con una frusta. In un’altra ciotola sbattete i tuorli con l’eritritolo, fino ad ottenere un composto liscio e spumoso. Aggiungete la tazzina di caffè, l’olio extravergine di olive e continuate a sbattere con una frusta a mano (o elettrica) ancora per qualche minuto.

Incorporate la farina di noci facendo amalgamare bene il tutto, quindi aggiungete gradualmente gli albumi montati, mescolando con un cucchiaio di legno dall’alto verso il basso, facendo attenzione a non smontarli. Amalgamate bene il tutto.

Foderate una tortiera di circa 20 cm di diametro con carta forno e versatevi il composto.

Cuocete in forno a 170°C per 15 minuti e poi a 150°C per altri 10 minuti.

 

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Gelato Chetogenico

Ingredienti:

 

2 albumi

250 ml di panna liquida non zuccherata (quella che si trova nei brick nel banco frigo)

dolcificante tic 6 gocce (a gusto personale) oppure 1 cucchiaino di xilitolo

aromi graditi (io ho messo cannella in alcuni, e scorze di limoni bio in altri)

 

Procedimento:

Montare gli albumi a neve con il dolcificante finchè sono molto compatti. aggiungere delicatamente la panna liquida (dove avrete messo gli aromi), e mischiare senza smontare il composto.

versare negli appositi stampini e porre in congelatore per almeno 3 ore.

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Conosciamo i dolcificanti: il sucralosio

Dolcificante artificiale che deriva dal saccarosio.

  • Cos’è?

Il sucralosio, anche indicato in etichetta come E955, è inserito nella classe degli ‘edulcoranti intensivi’, insieme ad acesulfame K o E950, aspartame o E951, acido ciclamico e i suoi sali o E952, saccarina o E954. Il sucralosio è l’unico dolcificante ottenuto dallo zucchero tramite un processo brevettato in più fasi che sostituisce selettivamente tre atomi di cloro con tre gruppi idrossili nella molecola di zucchero. Il cloro è presente naturalmente in molti dei cibi e delle bevande che mangiamo e beviamo ogni giorno e gioca un ruolo importante in molti processi biologici e naturali. La presenza del cloro nel sucralosio lo rende un dolcificante a zero calorie.

Il potere dolcificante del sucralosio è circa 600 volte superiore rispetto al saccarosio, vanta caratteristiche molto simili, ma ciò nonostante non apporta calorie all’organismo (contro le 3,75 kcal per grammo del saccarosio). Il sucralosio è uno dei dolcificanti artificiali più utilizzati a livello mondiale; viene usato sia per sostituire che per affiancare altri dolcificanti artificiali come, l’acesulfame K o l’aspartame. È caratterizzato da una notevole stabilità, e ciò ne facilita l’uso a livello culinario infatti può in moltissimi casi, sostituire completamente il saccarosio.

  • Cosa dicono gli studi scientifici?

Da tempo si discute sulla potenziale tossicità dei dolcificanti di sintesi, molti ricercatori hanno indagato e ancora indagano sul legame tra dolcificanti e cancerogenesi. Secondo uno studio dell’Istituto Ramazzini di Bologna, il sucralosio potrebbe essere causa di leucemie. Lo studio si basa su un campione di 843 ratti a cui sono state somministrati dosi del dolcificante. Il CSPI (Center for Science in the Public Interest) americano ha pertanto declassificato il sucralosio da “safe” (sicuro) a “caution” (da consumare con cautela) e a febbraio 2016 il CSPI ha declassato ulteriormente il sucralosio da “caution” a “avoid” (da evitare). Questo studio è stato poi revisionato evidenziando, secondo l’Autorità Europea, che la metodologia che è stata scelta dai ricercatori non è convenzionale e ha condotto a risultati non conclusivi, risultati che non sono in grado di dimostrare l’esistenza di una qualsiasi correlazione – causa effetto – fra l’assunzione del sucralosio e lo sviluppo di una forma tumorale. Per di più, gli effetti che sono stati osservati sulle cavie di laboratorio non sono sovrapponibili a ciò che potrebbe verificarsi nell’essere umano. Recentemente l’attenzione dei ricercatori si è spostata sugli effetti metabolici dei dolcificanti sintetici. Questi, in animali da laboratorio, hanno provocato aumento di peso e variazioni di composizione corporea. E’ stato dimostrato che bevande “light” e dolcificanti artificiali influenzano l’omeostasi glicemica aumentando i livelli di incretine* quando assunti dopo carico glucidico (ad esempio un pasto a base di carboidrati come pane, pasta, pizza..). Questo dato, che si traduce in un’alterata risposta agli zuccheri, potrebbe avere conseguenze importanti sia per i diabetici che per i soggetti sani che seguono un regime ipocalorico dimagrante. Si sta anche indagando sul fatto che gli edulcoranti potrebbero aumentare l’appetito e portare ad un paradossale aumento di peso. Anche questa osservazione, come l’oncogenesi, non è però supportata da dati costanti e riproducibili; per il momento resta un’ipotesi.  Un ulteriore studio, effettuato presso la George Washington University a cura del Professor Sabyasachi Sen, si è basato sull’osservazione di cellule staminali adipose, ed ha dimostrato che “gli edulcoranti ipocalorici promuovono l’accumulo di grasso aggiuntivo all’interno delle cellule rispetto a quelle non esposte a tali sostanze” e che ciò avviene “in modo dosedipendente, il che significa che con l’aumento della dose di sucralosio le cellule hanno mostrato un maggiore accumulo di gocce di grasso. “Ciò molto probabilmente si verifica attraverso l’ingresso del glucosio nelle cellule per via dell’aumento dell’attività dei geni dei trasportatori di glucosio“.  Il professor Sen ritiene che questi risultati siano motivo di preoccupazione soprattutto per le persone affette da obesità, prediabete o diabete, dal momento che sono già ad alto rischio di infarti e ictus. “Riteniamo che l’effetto sia più pronunciato nelle persone sovrappeso e obese rispetto a quelle normopeso, poiché hanno una maggiore resistenza insulinica e possono tollerare meglio il glucosio nel sangue”, questa la conclusione a cui è arrivato il dott Sen.

“Ad ogni modo, la Food and Drug Administration statunitense, basandosi sulla revisione dei dati di oltre 100 studi, lo considera sicuro per la salute umana e quindi ha dato attualmente la sua approvazione al consumo.”

 

*INCRETINE: ormoni prodotti da alcune cellule presenti nell’intestino (GLP1 nel tenue GLP2 nel duodeno) e immessi nel sangue in occasione di un pasto, hanno l’effetto di promuovere, in modo glucosio dipendente, il rilascio dell’insulina da parte delle cellule beta del pancreas. In combinazione con l’aumento dei livelli di insulina hanno la funzione di controllare la glicemia in vari modi:

  • aumentando la secrezione di insulinada parte delle cellule beta del pancreas;
  • diminuendo la secrezione di glucagone(antagonista dell’insulina) da parte delle cellule alfa del pancreas;
  • rallentando la motilità e dunque lo svuotamento gastrico (rendendo più “soft” la curva glicemica postprandiale) e diminuendo l’appetito.

 

  • Un cenno sui trasportatori del glucosio

 Il trasporto attivo consuma energia ed è di tipo cotrasportatore  à è un simporto SODIO- DIPENDENTE introduce glucosio e sodio nel citoplasma cellulare sono noti con il nome di  SGLT o SGLUT (Sodium GLUcose Trasporter), presenti nella membrana apicale degli enterociti,(le cellule del nostro intestino) che permettono l’introduzione nella cellula di una molecola di glucosio e di due ioni di sodio nello stesso momento. Il legame del sodio provoca una modificazione conformazionale che facilita il legame del glucosio e viceversa; poiché la concentrazione di Na+ è molto più alta nello spazio extracellulare che nel citosol (grazie all’attività della pompa sodio-potassio), il trasportatore riesce quindi ad immagazzinare glucosio nella cellula contro il suo gradiente di concentrazione.

Trasportatore Cellule in cui è espresso Caratteristiche e ruolo
SGLUT1 Intestino tenueTubulo renale

(segmenti s2 ed s3)

Cotrasporta 2 Na+ ed 1 Glucosio
SGLUT2 Tubulo renale (segmento s1) Cotrasporta 1 Na+ ed 1 Glucosio

 

Il trasporto passivo à I trasportatori GLUT sono una famiglia di proteine di membrana che consentono la diffusione facilitata del glucosio. Esistono diverse isoforme dei trasportatori del glucosio, ciascuna con specifiche caratteristiche di cinetica, di distribuzione tissutale e di funzione. Nell’uomo esistono dodici tipi di trasportatori.

Trasportatore Cellule in cui è espresso Caratteristiche e ruolo
GLUT1 Ubiquitario (particolarmente negli eritrociti) Assunzione basale di glucosio, necessaria per la respirazione cellulare
GLUT2 Epatociti, cellule β del pancreas, enterociti, rene Bassa affinità; consente la rimozione del glucosio in eccesso dal sangue; la regolazione del rilascio di insulina; l’uscita del glucosio dalle membrane basali degli enterociti
GLUT3 Neuroni Assunzione basale di glucosio
GLUT4 Miociti, adipociti, cardiomiociti Assunzione di glucosio in risposta a insulina
GLUT5 Intestino tenue Maggiore affinità per il fruttosio che per il glucosio

Il GLUT1 il più rappresentato serve per l’assunzione basale di glucosio, il substrato è rappresentato dal glucosio extracellulare, e il prodotto dal glucosio intracellulare. La velocità del trasporto dipenderà quindi dalla concentrazione del substrato: più essa è alta, maggiore sarà la velocità, fino a raggiungere quella massima quando il trasportatore è saturo. La costante di Michaelis-Menten (Km) è abbastanza bassa, e pari a circa 1.5 mM. Questo significa che il GLUT1 ha alta affinità per il substrato, e funziona a velocità massimale anche quando i livelli del glucosio ematico scendono da 5 a 2-3 mM, per assicurare il rifornimento alle cellule impegnate nel metabolismo. Il GLUT2 che funziona a velocità sostenute solo quando la concentrazione ematica di glucosio è elevata (ad esempio dopo i pasti). Ciò serve per non sottrarre nutrimento nei periodi di digiuno a quei tessuti che si servono esclusivamente o quasi di glucosio come fonte di energia metabolica, in primis il cervello. Il GLUT2 funziona anche in senso opposto, ovvero immette fuori dagli epatociti il glucosio che è derivato dalla lisi del glicogeno. Il GLUT (qualsiasi tipo) ha due diverse conformazioni: una con il sito di legame per il glucosio sul versante interno della cellula ed una con il sito sul versante esterno della membrana cellulare. Il trasporto avviene in quattro tappe: Il glucosio extracellulare si lega al suo sito di legame, esposto sulla faccia esterna. Il trasportatore cambia di conformazione: il sito di legame è ora intracellulare. Il glucosio è rilasciato internamente. Il trasportatore ritorna alla prima conformazione, con il sito di legame esposto esternamente.

 

  • Viene assorbito dall’intestino?

La gran parte del sucralosio che viene assunto, non passa la barriera del tratto gastrointestinale e viene espulso direttamente tramite le feci; una percentuale variabile (11-27% circa) viene assorbito e in gran parte successivamente rimoss0 dal circolo sanguigno tramite i reni e poi espuls0 tramite le urine.

  • Utilizzo

Il sucralosio ad oggi è il dolcificante artificiale più stabile che possiamo trovare in vendita, nonostante alcuni studi sostengano che dopo i 120° inizi a degradarsi (ci sono pareri molto contrastanti in merito, ma recentemente sta aumentando la tesi che il sucralosio non sia dannoso nemmeno ad alte temperature); è quindi naturale pensare di usarlo in molte ricette per sostituire completamente lo zucchero ma non è sempre possibile farlo. Quando è venduto in forma granulare e viene mescolato con altri composti è un ottimo sostituto dello zucchero e non occorre cambiare la ricetta originale. Quando però si richiedono quantità maggiori di una tazza di zucchero ovvero più di 280 ml di zucchero, allora non si può procedere con la sostituzione automatica dello zucchero con il sucralosio. Lo stesso vale per quelle ricette in cui lo zucchero da cucina svolge il ruolo di attivatore della lievitazione.

Altri casi in cui non è possibile effettuare questo cambio di dolcezza sono quelle situazioni in cui il saccarosio viene impiegato per la sua capacità di scurire, come nei caramelli. Il sucralosio non ha questa “dote” ed è meglio provare a sostituire lo zucchero da cucina per lo meno con prodotti composti da miscela di sucralosio e saccarosio insieme.

 

  • Conclusioni

 L’uso del sucralosio può risultare utile in molti casi, si consiglia di non superare la dose raccomandata (15 mg per kg di peso corporeo), poiché tutti gli effetti dannosi riportati dai vari studi evidenziano un’azione dannosa solo se si assumono grandi quantità dell’edulcorante, eviterei di abusarne.

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Lo Yogurt: alimento funzionale

Lo yogurt  è un alimento di consistenza cremosa e di sapore acidulo derivato dal latte che, grazie all’inoculazione dei fermenti lattici specifici (Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus) ed alla loro proliferazione, subisce un processo di fermentazione durante il quale uno zucchero, tipicamente il lattosio, è scomposto in una molecola di glucosio e una di galattosio; poi i fermenti  “mangiano” quest’ultimo formando un acido, l’acido lattico.

Questo acidifica il prodotto, rendendo la vita impossibile ad altri batteri e facendo sì che il latte possa conservarsi più a lungo. Ed è per questo motivo che lo yogurt è molto più acido rispetto al latte di partenza.

Per la produzione dello yogurt può essere utilizzato ogni tipo di latte. Anche il cosiddetto latte vegetale, ovvero bevande di derivazione totalmente vegetale come soia, avena, mandorla o cocco, può essere fermentato con successo.

Le fasi della lavorazione comprendono la selezione degli ingredienti, la miscelazione, l’omogeneizzazione, il trattamento termico, l’inoculazione della coltura, la fermentazione, il confezionamento e la distribuzione.

Il contenuto nutrizionale dello yogurt varia in base al tipo di latte utilizzato ed al suo contenuto in grassi, che può risultare ridotto qualora il latte abbia subito un processo di scrematura parziale o totale.

Oggi si ritiene che il Lactobacillus bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus, a differenza di quanto sostenuto dalla pubblicità negli ultimi anni, non svolgano alcun ruolo attivo all’interno dell’organismo umano: infatti essi muoiono appena entrano in contatto con i succhi gastrici umani, non sopportandone l’acidità.

Facendo frutto del positivo riscontro dell’utilizzo dei fermenti probiotici in campo medico, oggi alcuni produttori di yogurt hanno iniziato ad aggiungerli ai loro prodotti. I fermenti probiotici, a differenza dei sopra citati, riescono a sopportare meglio l’acidità dei succhi gastrici, a sopravvivere ed a riprodursi nel tratto gastrointestinale.

Trattandosi di batteri generalmente già presenti nel corpo umano, riescono a riportare la flora batterica a una condizione di normalità, nel caso quest’ultima sia stata compromessa da cure con antibiotici, da stress oppure da alimentazione scorretta.

Inoltre i fermenti probiotici esercitano un’azione positiva in molti processi della digestione, prevenendo infezioni intestinali e aggressioni da parte di funghi; rafforzano il sistema immunitario; producono i batteriocini, i cosiddetti “antibiotici naturali”. I principali fermenti probiotici aggiunti nel processo di fermentazione sono i seguenti: Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei, Lactobacillus lactis, Bifidobacterium bifidum.

Il latte fermentato ottenuto dalla loro azione si discosta leggermente dallo yogurt, tradizionalmente ottenuto con il solo impiego di Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus, dando origine a un Kefir o allo yogurt fortificato.

 

LO YOGURT GRECO O COLATO

Contrariamente a quanto si possa credere, la differenza non sta negli ingredienti quanto nel processo di produzione. Infatti anche la versione greca è composta da latte con l’aggiunta degli stessi fermenti lattici (Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus) dello yogurt tradizionale. Nel processo di produzione, però, la differenza c’è: lo yogurt greco viene filtrato. Con questo procedimento viene eliminata una parte di liquido (il siero) e il prodotto, così, assume una maggiore compattezza e all’assaggio risulta più corposo. Nello yogurt tradizionale le operazioni di filtrazione sono due, mentre nello yogurt greco sono tre. Potrebbe sembrare una differenza da poco, ma la terza filtrazione è lentissima, perché più si va avanti e più è difficile estrarre il liquido, e questo porta ad una serie di differenze. Dal punto di vista nutrizionale, l’allontanamento della parte acquosa fa sì che i nutrienti, soprattutto le proteine, risultino più concentrati rispetto allo yogurt classico.  (Con la stessa procedura, si ottiene il burro chiarificato).

Essenzialmente nel liquido che viene filtrato e buttato vi è contenuto quasi tutto il sodio (quindi lo yogurt greco è adatto a chi segue diete iposodiche) e il lattosio che i batteri non hanno fermentato (il che rende lo yogurt greco adatto anche agli intolleranti). Nella massa, di conseguenza, rimane un quantitativo maggiore di proteine, per cui è più nutriente e più grasso di quello tradizionale.

Il processo di raffinazione industriale ha permesso di creare lo yogurt greco light, con lo 0% di grassi.

Gli yogurt magri possono essere una soluzione per chi deve seguire una dieta ipolipidica: sia la versione greca che quella tradizionale, infatti, sono fatte con latte scremato e il loro apporto in grassi è nullo. Per chi segue la dieta chetogenica, al contrario, può essere utile per dosare il giusto quantitativo di grassi durante la giornata, scegliendo il 2% di grassi oppure il 5% e tenendo bassi i carboidrati (5,1 gr per il vasetto da 170 gr, il più piccolo). E gli altri nutrienti? Il procedimento di filtrazione adottato per ottenere lo yogurt greco allontana, assieme al siero, anche una parte degli zuccheri. Per questo motivo quello tradizionale ha circa 1,5 grammi di zucchero in più su 100 grammi di prodotto rispetto a quello greco. Come nei prodotti interi, anche in quelli magri le proteine dello yogurt greco sono il doppio rispetto a quelle contenute nei classici.

In conclusione, ecco i punti di forza dello yogurt, sia tradizionale che greco.

  1. È ricco di proteine, calcio, vitamine del gruppo B.
  2. Venendo ridotto il lattosio nella lavorazione, può essere consumato anche da soggetti intolleranti.
  3. Determina un ricambio batteriologico nell’intestino e favorisce il transito intestinale.
  4. Rafforza il sistema immunitario, aiutandoci contro i malanni della stagione invernale, come il raffreddore.
  5. Aiuta in caso di ipertensione, in quanto il potassio, presente in buona quantità, riduce il sodio in eccesso nel corpo.
  6. La presenza contemporanea di lattosio ed acido lattico favorisce la bio-disponibilità di calcio e fosforo.
  7. Aiuta a controllare il colesterolo
  8. Incrementa la flora batterica intestinale e rafforza il sistema immunitario
  9. L’acido lattico favorisce la digeribilità delle proteine e dei grassi.
  10. Combatte l’alitosi, poiché aiuta ad eliminare il solfuro di idrogeno causa di questi due disturbi.

 

L’uso dello yogurt viene consigliato anche da uno studio pubblicato su PubMed: “Overall, yogurt consumers had a higher intake of key nutrients and had a better diet quality.” Consumption of Yogurt in Canada and Its Contribution to Nutrient Intake and Diet Quality Among Canadians. (Vatanparast, Islam, Patil, Shamloo, Keshavarz, Smith, Whiting).

 

 

Fonti: www.wikipedia.org, www.tuttogreen.it, www.benessere.com, www.altroconsumo.it, www.ilgiornaledelcibo.it, www.elle.com, www.ncbi.nlm.nih.gov, https://it.fage/

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